mercoledì 21 agosto 2013

La soffitta

La soffitta era fuori dal tempo. Quando la casa era ancora giovane, la soffitta trasudava di antichità da ogni angolo. Forse per quei vecchi armadi, reduci da chissà quali stanze. Forse per il pavimento di cemento grezzo. Forse per la poca luce e le lampadine tenui, le finestre basse che impedivano di vedere la realtà, quella di oggi, dietro i vetri.
Senz'altro era un'operazione voluta e pensata, questo accatastamento apparentemente senza ordine di strati differenti di vita, fossero rappresentate da annate di Tempo e della Domenica del Corriere, da giocattoli per la prima infanzia o vecchi vestiti. C'era la volontà di conservare.
La soffitta era una rappresentazione plastica della memoria umana. Funzionava a rete. Bastava un elemento per accenderne altri mille.
Era un luogo di silenzio e riflessione: spesso si saliva la scala chiocciola da soli.
Per un certo periodo fu anche luogo di giochi, dove ognuno aveva il suo spazio, delimitato da un vecchio tappeto. Furono giochi molto belli ma durarono poco: belli in modo inversamente proporzionale alla durata.
Del resto la soffitta, come ogni soffitta, trasudava di polvere e non era un luogo adatto ai lunghi pomeriggi in compagnia, piuttosto ad ore di solitudine.
La soffitta non era fuori dal tempo: era il tempo stesso compresso in uno spazio.
Salire lungo la scala chiocciola significava un passaggio di dimensione.
Esistono i viaggi nel tempo. Nella grande casa erano possibili tutti i giorni.

giovedì 15 agosto 2013

La stradina

La casa si apriva al mondo dalla porta di servizio: da quella parte non c'erano giardini e cancellate, ma l'accesso ad un'altra realtà. Questo luogo di scambio era la cosiddetta "stradina". Qui si affacciavano mondi molto interessanti: la falegnameria di Antonio Loru, la macelleria (perché allora lì si macellava davvero, e le grida dei maialetti spesso ci raggiungevano) di Gottardo, la casa di tzia Lalia, quella più ostile di tzia Fortunata. Dalla stradina si partiva per i viaggi in bicicletta, era una sorta di corsia di ingresso per Arcidano.

martedì 23 luglio 2013

Strumenti musicali

Nella casa si suonavano diversi strumenti.
- Pianoforte
- Chitarra
- Melodica soprano
- Flauto dolce
Non so se me ne dimentico qualcuno.

Quadri

La casa vantava alcune opere d'arte. In tempi non sospetti tele di Dina Pala davano un tocco di classe al salotto. Venne poi l'epoca del pittore Carboni, da cui Picasso aveva tratto ispirazione per il suo periodo blu. Ultima zia Veronica, con il suo tocco naif: un'artista a tutto tondo. Il suo quadro sulla cassapanca era una autentica civetteria.

Piatti tipici

Nella casa la cucina non era affatto secondaria. Se nonna Collu diventava Regina assoluta della casa solo nei mesi estivi, lo era - incontrastata - tra i fornelli.
Mi limito qui ad un primo elenco dei piatti tipici:
- pane dorato
- pernice ad insalata (con molta-molta cipolla e pomodori)
- ravioli di ricotta fatti in casa
- polenta a rombi, condita con pomodoro e dolcesardo
- ripieno di pollo
- minestra di ceci
- carne lessa
- fatti fritti
- pipias de zuccuru (in estate, in quantità industriali)
- biscotti all'uovo (in estate, in quantità industriali)
- pomodori ripieni di riso (in estate, in quantità industriali)
- timballo di spaghetti con lo zucchero

lunedì 22 luglio 2013

L'odore della casa

La casa di via Regina Elena aveva una sua vita. Più o meno dal 1 luglio fino al 31 agosto, per due lunghi mesi entrava in una nuova dimensione, una sorta di sonno. Il silenzio, la tranquillità abitavano i suoi spazi, mentre gli abitanti si trasferivano nell'altra casa. Due mesi di riposo, forse era questo il suo segreto, che per due lunghi mesi poteva riposare, rigenerarsi, ripensare a quanto era accaduto nell'andito o in tinello in inverno o in primavera.
In quei due mesi la casa cessava di essere una repubblica. Ne prendeva pieno possesso una Regina  - nonna Collu - che entrava in totale sintonia con lei.
Noi a S'Archittu ci dimenticavamo della casa e vivevamo in un altro mondo, se mai parallelo. Avevamo la possibilità di una sorta di seconda vita.
Ma una volta almeno, durante l'estate, ci capitava di tornare.
Allora succedeva qualcosa di magico. Entrando dalla stradina, attraversando l'andito verso la cucina... la casa sprigionava il suo profumo. Emozionante, intenso, avvolgente.
Lo sento ancora quel profumo: vivo e appassionato. Non un semplice odore, quasi un abbraccio. Io penso che scaturisse dal rapporto intimo che in quelle settimane la Regina costruiva con la casa. Dalla conserva di pomodoro, dai pomodori ripieni di riso, da is pippias de zuccuru, dal giardino fiorito, dalla menta fresca, da quel silenzio tranquillo.
Era un richiamo: la casa ci aspettava. Mancava poco a settembre quando tutti saremo stati ormai pronti a ricominciare.

martedì 9 luglio 2013

Il '68 in via Regina Elena

Via Regina Elena 22 ospitava personaggi molto affascinanti. Dai Santoni a signora Ines, da Massimiliano Illotto ad Attilio, ognuno rappresentava un mondo diverso che si affacciava a quello rappresentato dalla grande casa, con esisti sempre molto creativi.
In via Regina Elena arrivò anche il '68, con tutto il suo fascino di novità, rotture col passato, critica e ribellione. A portarlo era Paola Simbula, ogni lunedì, da Cagliari, capitale lontana di un mondo più avanzato. Le chiacchiere finali, in cucina, prima del viaggio verso il treno, vere e proprie civili dispute tra Paola e mamma, mettevano a confronto ai nostri occhi due modelli di vita, non necessariamente alternativi, ma molto diversi tra loro. Mamma rappresentava la continuità, Paola l'innovazione, nuove sfide anche culturali. Un '68 piuttosto intellettuale, da teatro alternativo e pianoforte (Paola Simbula, la severissima insegnante di pianoforte: mai ho temuto più di lei un altro insegnante nella mia vita), qui i figli dei fiori c'entravano poco.